Guerre commerciali: perché Trump ha voluto i dazi doganali
Da Editorial Staff
Ottobre 12, 2018
Le guerre commerciali si fanno sempre più intense con il passare degli anni. Qualche mese fa ha suscitato molto scalpore la decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di reintrodurre i dazi doganali sulle importazioni negli USA di alluminio e di acciaio. Una decisione che ha permesso di imporre delle tasse rispettivamente al 10% e al 25% sui prodotti importati. L’obiettivo del Presidente USA è quello di porre un freno alle importazioni dall’estero, per difendere maggiormente l’industria siderurgica nazionale. Ma davvero gli Stati Uniti avevano la necessità di fissare dei paletti in modo da difendere quella che è stata definita come sicurezza nazionale?
Gli Stati Uniti sono vittime di concorrenza sleale?
L’idea del Presidente Trump è molto chiara: si vuole lottare nello specifico contro il dumping, il processo di concorrenza sleale che caratterizzerebbe il commercio tra gli Stati. Tutto inizia con un rapporto del dipartimento per il commercio degli USA, che ha evidenziato nello scorzo mese di febbraio la possibilità che le importazioni di acciaio e di alluminio, utilizzati in diversi settori, tra i quali anche quello della produzione di macchinari agricoli d’occasione, possano mettere a rischio la sicurezza degli Stati Uniti.
Secondo il rapporto dell’ente americano, la concorrenza sleale ha portato una diminuzione dell’occupazione negli ultimi 20 anni nel settore dell’industria dell’acciaio, pari al 35%. Le cose non sarebbero migliori per l’industria dell’alluminio, che avrebbe registrato tra il 2013 e il 2016 un calo dell’occupazione del 58%.
La ricerca, che è stata condotta per volere del Governo degli USA, ha proposto la messa a punto di alcune soluzioni che potessero avere l’obiettivo di arginare il problema. Secondo il Presidente Trump una di queste soluzioni consiste proprio nell’armonizzazione delle politiche doganali, sulla base di una legge del 1962 che si trova nel Trade Expansion Act.
La difesa della produzione degli Stati Uniti
Un’apposita norma permette al Presidente Trump di stabilire dei dazi senza effettuare preventivamente un’apposita richiesta alla WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Tutto questo avviene se si verifica una situazione di pericolo per la sicurezza nazionale.
L’approccio è di tipo protezionista: si vuole fare in modo di rendere più costosi i prodotti importati dall’estero, per favorire l’industria locale e per cercare di diminuire il consumo di acciaio e di alluminio importati da altre nazioni.
Inoltre sono previsti anche dei dazi sulle importazioni cinesi, che avrebbero l’obiettivo di costituire una vera e propria azione punitiva nei confronti delle possibili azioni di furto di proprietà intellettuale. Delle barriere alla dogana maggiormente eque, secondo gli Stati Uniti, sarebbero capaci di bilanciare il deficit commerciale.
La politica dei dazi però non sempre è vista positivamente, perché potrebbe determinare a sua volta fenomeni di concorrenza sleale. Infatti uno Stato che possiede in grandi quantità un determinato prodotto potrebbe esagerare proprio sulla possibilità dei diritti doganali, causando delle difficoltà ad altri partner.
Si fa leva sul concetto del cosiddetto dumping, una dicitura che per estensione viene considerata tale anche nel momento in cui un prodotto viene venduto ad un costo minore rispetto a quello della produzione, per cercare di contrastare la concorrenza.
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